A cura di Luigi Gilardetti e Simone Barbiero
La 109-’96 è una legge di iniziativa popolare sostenuta dalla raccolta di un milione di firme da parte di Libera, Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie. Rientra tra i metodi fondamentali per limitare le organizzazioni di stampo mafioso mediante confisca di tutti i loro beni e patrimoni acquisiti con l’impiego di denaro frutto di attività illecite. L’iniziativa popolare ha rappresentato il preciso impegno di difesa del territorio appartenente alla collettività a sostegno di quelle istituzioni che ogni giorno combattono “fisicamente” la criminalità organizzata.
La pratica di confisca inizia con il sequestro disposto dal tribunale quando il valore dei beni risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta “ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ritiene che essi siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego” (art. 20 D.L. 159 2011). Al termine del procedimento, il sequestro dovrà essere confermato entro un termine prestabilito da un provvedimento di confisca e successivamente il bene verrà affidato all’ Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata a cui spetta il compito di indirizzare la destinazione dello stesso.
Considerato il valore aggiunto di questa catena di confisca il riutilizzo sociale è il fulcro di quella legge tanto voluta dalla società civile. Don Tonino Bello diceva che “occorre contrapporre al segno del potere, il potere dei segni”; la casa del boss al centro del paese, divenuta struttura per persone con fragilità, rappresenta un segnale significativo per il potere criminale mafioso. La vittoria dello Stato, mediante la confisca dei beni, dunque, è il risultato finale di una collaudata procedura finalizzata a restituire alla collettività i patrimoni illecitamente acquisiti.
Per rendere l’idea del disposto riutilizzo sociale o istituzionale dei beni, ormai non più riconducibile alla sola ubicazione meridionale, basti pensare che, finora, se ne contano 1203 (su 2520 confiscati) in Lombardia, 219 (su 827) in Piemonte e 2756 (su 4182) in Calabria, per un totale di 16.534 già assegnati sul territorio nazionale (fonte Open Regio).
Se ne trovano anche nell’astigiano, e se è vero che a Dusino San Michele e a Moncalvo ci sono esempi di riutilizzo di beni confiscati, la strada su altri è ancora lunga e impegnativa. Occorrono impegno e perseveranza, perché non possiamo rinunciare a questo indispensabile strumento.
Coordinamento Provinciale di Asti