A cura di Paolo Viarengo

Rivolgiamo ai candidati a queste Politiche l’invito di seguire l’appello del giudice Borsellino: parlate della mafia, alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene». L’appello parte da Libera Asti. Nasce sulla scia di quanto pubblicato su La Stampa pochi giorni fa in cui, in seguito a un’interrogazione presentata in Consiglio comunale, si faceva il conto dei numerosi processi per associazione mafiosi sul territorio astigiano. Lo stesso Pino Masciari, uno dei più importanti testimoni di giustizia aveva commentato: «Non mi meraviglia: è una situazione che si è verificata in Calabria, quando, ancora non ci si era resi conto della pericolosità della ‘ndrangheta». Eppure, come ha denunciato la rete di Avviso Pubblico, sul tema: «È calato un grande ed incomprensibile silenzio». «L’impressione è quella della rassegnazione, come fosse fisiologico dover convivere con le mafie – dice Gionata Borin, attivista di Libera Asti – il rischio è una sorta della loro normalizzazione, non avvertite più come un pericolo perché meno cruente di un tempo, mentre è vero il contrario: sono più forti di prima». Un tema, quello delle infiltrazioni mafiose passato sottotraccia in questa campagna elettorale, secondo Luigi Gilardetti che di Libera Asti è il coordinatore: «Chiediamo ai candidati nei Collegi del nostro territorio, di impegnarsi in prima persona nel portare avanti in Parlamento e nelle sedi politiche alcuni punti generali ma prioritari». «La politica deve dare gli indirizzi e gli strumenti ai magistrati: è fondamentale nella lotta antimafia- interviene Pino Masciari – cosa che in questi cinque anni non è avvenuta, con una commissione parlamentare antimafia a dir poco silente». Quattro le cose che Libera Asti chiede ai candidati astigiani: «Affrontare la questione morale- spiega Borin -lavorando affinché all’interno del proprio partito si escludano personalità in conflitto di interesse, ad use a pratiche clientelari e frequentazioni non specchiate. Come diceva Borsellino non ci si può nascondere dietro lo schermo della sentenza: un comportamento penalmente irrilevante, può essere politicamente ed eticamente inopportuno». «Impegnarsi nella valorizzazione dei beni confiscati facilitandone il riuso sociale – dice Gilardetti – il terzo punto riguarda il PNRR, e occorre garantire la massima vigilanza: l’allarme su possibili infiltrazioni è già stato lanciato dalla DIA». E da ultimo il welfare mafioso: «Due anni di crisi economica legata alla pandemia hanno visto crescere vertiginosamente i casi di usura ai danni di famiglie e aziende, anche nell’Astigiano dice Borin -con l’aumento dei costi delle materie prime, tale fenomeno rischia ulteriormente d’incrementare». «Perché la mafia esiste-conclude Masciari -e non parlarne, o peggio negarne l’esistenza, significa dargli forza e potere: come è successo in passato».

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