A cura di Antonio Borgia

La lettura della sentenza «Barbarossa» e le notizie sulla recente operazione «Cavallo di Troia» della Guardia di Finanza di Torino, sotto la direzione di quella Dda, in cui sono coinvolte alcune società di costruzioni con sede a Carmagnola, a pochi chilometri dal territorio astigiano, lasciano ancora una volta comprendere il potere di infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale piemontese, agevolato anche dalla superficialità di diversi imprenditori.

Nel primo caso, nella provincia astigiana, sono stati accertati atteggiamenti eccessivamente confidenti verso gli affiliati al «locale», con un’incredibile sottovalutazione del contesto criminale.

Nella circostanza, si è ritenuto di poter gestire un rapporto pericoloso (le richieste di recupero crediti o di danneggiamenti e incendi a mezzi di aziende concorrenti) che, com’era prevedibile, si è ribaltato con le richieste di compensi per il pagamento di «protezione», fino a giungere all’acquisizione del controllo delle imprese.

Nel secondo caso, la gestione di società del settore edile, tramite prestanome, è servita alla cosca, secondo l’ipotesi dei magistrati, a truffare l’erario ed ottenere indebiti vantaggi sulla concorrenza.

In ogni caso, il fine ultimo delle mafie è sempre quello di «cannibalizzare» le aziende e portarle al fallimento, senza alcuno scrupolo per i dipendenti. Sono esempi concreti di come operi la criminalità mafiosa e di come la spregiudicatezza nei rapporti con la stessa non possa mai pagare.

Coordinamento provinciale Libera Asti

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