A cura di Antonio Borgia

I recenti processi «Albachiara» e «Barbarossa» lo hanno accertato: in provincia di Asti è attiva una cellula («bastarda», per la mancata autorizzazione alla sua costituzione) della’ndrangheta. Tale insediamento è stato ribadito dalla Direzione Investigativa Antimafia nell’ultima relazione semestrale.

In una regione indicata quale «territorio eletto dalle mafie e, in particolare, dalla’ndrangheta», l’Astigiano è ormai incluso nelle zone inquinate da tale fenomeno. Colpiscono, a tal proposito, alcune frasi del discorso del Procuratore Generale della Repubblica di Torino – Francesco Saluzzo -, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020, riferite alla sua competenza (Piemonte e Valle d’Aosta): «Si registra, in molti casi, una certa “neutralità” del territorio e di sue componenti sociali, che hanno nei confronti di questi personaggi un atteggiamento spesso ambiguo, altre volte di soggezione…». Tralasciando ipotesi più gravi, talvolta riscontrate in indagini similari, ci si chiede come, per molti anni, si sia potuto assistere a tale presenza senza porsi logiche domande o lanciare specifici allarmi.

Si spera, per il bene della collettività e delle future generazioni, che non ritorni di stretta attualità quanto Manzoni intese far pronunciare a Don Abbondio: «Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare». Basterebbe solo maggiore attenzione nel quotidiano, ad ogni livello, e segnalare eventuali accadimenti sospetti agli organi preposti a investigare.

Coordinamento Provinciale Libera Asti

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